mercoledì 11 novembre 2009

l'avvocato risponde: E' giusto pagare la borsa della spesa?

“Vorrei capire perché io consumatore, ogni volta che mi reco in un supermercato, sono obbligato a pagare 3, 4 o addirittura 5 centesimi per il sacchetto di plastica dove poi metto la spesa. Trovo ingiusto pagare una borsa di plastica con stampata sopra la pubblicità dello stesso supermercato, il quale in tale ipotesi, per assurdo, dovrebbe essere lui a pagare me come testimonial, dal momento  che porto in giro il suo marchio facendogli indirettamente pubblicità. Inoltre, in qualsiasi altro esercizio, per qualsiasi altro prodotto acquistato (vestiti, scarpe,  libri, cd musicali, ecc...), il sacchetto con il nome del negozio mi viene fornito sempre gratuitamente. Allora, perché mai nei supermercati lo devo pagare? Posso rifiutarmi di pagarlo?”
Lettera firmata

 Il quesito del lettore è fondato ed interessante poiché, senza dubbio, con questo sistema il supermercato in questione “usa” letteralmente il suo cliente come vero e proprio veicolo pubblicitario, in quanto la busta marchiata, una volta uscita dal supermercato, percorre le vie cittadine, raggiunge le case e spesso  ritorna in circolazione come contenitore per altra merce od oggetti di casa del consumatore;  in tal modo viene raddoppiata l’efficacia della diffusione del logo del supermercato.
Tutto questo è ben noto ai gestori di supermercati che, per tale ragione, non rinunciano a questo veicolo di promozione (questo vale anche per il piccolo distributore), pur se con modalità diverse.
Invero,  molti distributori commerciali offrono la busta della spesa con il loro logo impresso del tutto gratuitamente,  ma tale gratuità è solo apparente, in quanto nei ricarichi del prezzo al consumatore del singolo prodotto, vi è percentualmente presente anche il costo pro quota della pubblicità, rappresentata dalla produzione e stampa della busta.
 Altri distributori, al contrario, gravano il servizio reso al consumatore (vale a dire la messa a disposizione di una busta per contenere la merce acquistata) di una somma sicuramente irrisoria, ma che comunque rappresenta un qualcosa di non dovuto. Infatti, partendo dal presupposto che il costo della busta sia già ampiamente ed opportunamente ricaricato sul prezzo finale del prodotto acquistato, ne deriva che qualunque cifra a qualunque titolo sia chiesta per la disponibilità della busta potrebbe rappresentare un atteggiamento censurabile sia in fatto che in diritto.
In effetti il vantaggio rappresentato dalla pubblicità capillare che la circolazione della busta della spesa rappresenta, dovrebbe già indurre il venditore a ritenersi “pagato” per i costi sostenuti, costi che, per quanto sopra esplicitato, sono già comunque sicuramente coperti dal ricarico sul prezzo finale del bene acquistato.
Detto ciò, bisogna anche dire che vi sono piccoli rituali ai quali, spesso, non diamo importanza ma che assumono un significato giuridico specifico. Ad esempio, la monotona e ripetitiva richiesta delle cassiere dei supermercati: “vuole un sacchetto”? “Le serve una busta”? Fanno vedere la questione da un'altra angolazione, vale a dire che il sacchetto è a disposizione del consumatore   il quale non è costretto ad acquistarlo ma è libero di accettarlo o meno.
In conclusione, la risposta al lettore non può che essere negativa in quanto  l'acquisto della busta del supermercato non è mai imposto, ma è un servizio che viene elargito su richiesta. E' vero infatti che il consumatore è libero di recarsi a fare spesa già munito di buste o carrellini per la spesa.


                                                                                                                 Avv. Arturo Varricchio

pubblicato su BENEVENTO Giornale - LA LIBERA VOCE DEL SANNIO

in data 13 novembre 2009